Scartabellando per caso tra i miei documenti, ho ritrovato – non so nemmeno io come – la cronaca di uno dei miei Ironman, l’ultimo (finora), quello di Francoforte, nel 2013.
All’epoca ero in contatto con Andrea Re, fortissimo canottiere e triatleta, che teneva un blog in cui tutti noi che lo conoscevamo raccontavamo le nostre imprese agonistiche: una volta si usava così, ora con i vari gruppi wapp, instagram e facebook la narrazione è più per immagini che per parole e si è persa un po’ la poesia del racconto rivivendo le emozioni provate.
Un po’ in controtendenza, forse, nel nostro sito abbiamo creato la rubrica NOT proprio per riportare alla memoria “imprese” ed emozioni vissute in gara o in allenamenti o in viaggi sportivi, raccontando gli eventi e allora mi sono detto “Perchè no? Perchè non condividere con la mia squadra e con tutti quelli che vorranno leggerlo, il ricordo di questo Ironman? Magari qualcun altro prenderà spunto e condividerà con noi le sue esperienze”. E allora ecco qui la cronaca del mio Ironman di Francoforte.
Buona lettura.
“ARI-eccoci qui, a distanza di 2 anni, come mia consuetudine, a raccontarvi la più lunga giornata dell’anno: quella dell’IRONMAN. Quest’anno con Piero e Stefano abbiamo scelto Francoforte, un po’ per il percorso, più pianeggiante di altri, un po’ perché viene considerato il più bello d’Europa, dopo quello di Roth.
Adesso, dopo averlo corso, posso confermare che è molto ben organizzato e il pubblico è molto partecipe, ma confermo anche che la corsa di Roth è migliore (per circuito, organizzazione, pubblico, ecc), seguito da Francoforte, Nizza e Zurigo nella mia personalissima classifica degli IRONAM conclusi. Il nostro viaggio inizia il giovedì quando ci troviamo tutti all’aeroporto di Pisa con famiglie al seguito (Piero pure con la “socera”, anche se la sig. MARA è stata “al pezzo” tutti i 5 giorni). Con noi sono partiti anche l’amico Roberto, forte atleta marchigiano con già 8 IRONMAN all’ attivo, e la moglie Marilina, conosciuti durante un viaggio sportivo a Sharm el Sheikh.
Dopo un breve volo, arriviamo in terra teutonica e montiamo subito le bici per la mattina successiva; vogliamo, infatti, andare a provare i mezzi e raggiungere il lago dove dovremo nuotare. La mattina seguente ci troviamo in bici sotto l’ albergo pronti per i sopralluoghi e incontriamo il nostro amico Alfio il quale ci racconta che uscire dalla città in bici è molto difficile e che ha fatto il percorso maratona ma ha forato un paio di volte a causa dei vetri sulla ciclabile … non ci sono più i tedeschi di una volta. Decidiamo comunque di fare i sopralluoghi e iniziamo a dirigerci verso i viali appena fuori dal centro per provare la gamba. Già dalle prime pedalate mi accorgo dell’incredibile facilità di pedalata e della leggerezza di gambe, ma per scaramanzia non lo dico a nessuno. Vedo, con gioia, però, che anche agli altri girano bene le gambe e andare a 38-39 kmh non è un problema per nessuno. Decidiamo, così, di proseguire per l’expo, sempre in bici, per “ciacciare” tra gli stand che rappresentano, per noi fissati, quello che era per Pinocchio il Paese dei balocchi. Il giorno seguente, sabato, è prevista la consegna delle bici a bordo lago, distante 12 km dalla finish line. L’ efficientissima macchina organizzativa tedesca aveva messo a disposizione dei bus navetta attivi tutto il giorno da e verso il lago e avevano predisposto alle fermate dell’autobus, anche un gazebo con acqua, sali e coca cola per ingannare l’attesa. La consegna della bici è avvenuta sotto la custodia di un addetto che ci ha scortato ed è rimasto con noi durante tutta la permanenza in zc, fornendoci tutte le spiegazioni necessarie, ricoprendo la bici con un telo protettivo e, infine, riaccompagnandoci all’ uscita augurandoti buona fortuna.
La sera pre-gara grande carico di carboidrati al ristorante italiano da RAFFAELLO, e poi subito “a nanna” perché la sveglia era caricata per le 4. Ecco, finalmente, dopo tanti allenamenti, dopo tanta preparazione, dopo averci tanto pensato, il giorno fatidico. La colazione scorre via veloce insieme agli altri atleti di ogni nazionalità. Siamo tutti molti tesi, a parte Piero che sembra che stia per andare all’happy hour…
Usciamo dall’ hotel e ci dirigiamo alle varie fermate dei bus navetta diretti alla partenza. Alla fermata troviamo anche Alfio accompagnato dalla sua “morosa” e conosciamo Simone, fortissimo atleta di Pavia già stato 3 volte a Kona, il quale ci spiega per grandi linee il percorso di bici. Simone conclude la sua presentazione dicendoci che se anche riuscisse a prendere “la slot” l’ anno prossimo rinuncerebbe ad andarci perché passa di categoria … e io penso: chi ha pane un ha denti…
Concentrati e carchi come molle scendiamo dal bus e ci dirigiamo ognuno alla propria bici. Da questo momento in poi purtroppo non riuscirò a vedere più nessuno degli amici fino a dopo l’arrivo, troppa confusione con 3300 partenti. Alla partenza decido di spostarmi tutto sulla destra e fare qualche metro in più piuttosto che entrare nella “tonnara” come feci a Zurigo e Nizza. Allo sparo mi avvolge un solo pensiero: CI SIAMO e mi tornano alla mente tutte le ore passate e i km percorsi in bici e a correre, (nuoto meno) con il freddo, la pioggia e il vento. Nuoto bene, sciolto, tengo un buon ritmo e supero molti atleti che all’ inizio erano partiti evidentemente troppo forte. All’uscita del nuoto il sole contro mi impedisce di capire il tempo impiegato, ma una volta in piedi dò un’occhiata veloce al crono e leggo 63 min … “bono!!”.
Affronto la rampa di sabbia di circa 200 metri velocemente per non sprecare tempo prezioso, ma “fra sacca e tenda” impiego 6 minuti per ripartire …troppi.
Salgo finalmente in bici e per me la gara vera inizia qui! I primi 12 km sono di superstrada, filanti. Pur gestendomi sento che spingo bene, “TRANQUILLO FABIO TRANQUILLO”, mi ripeto, ma non c’era verso, le gambe giravano come non mai. Nei tratti dove la strada diventava più stretta, dove passare diventava difficile a causa dei molti atleti, rallentavo appena per poi accelerare e sorpassarli appena la strada si allargava nuovamente. Nei rilanci delle poche salitelle che incontravamo pedalavo con facilità: una goduria. Era tanto tempo che non mi sentivo così bene, forse tutti i carichi di lavoro fatti e le gare di 70.3 fatte senza scaricare stavano dando i loro frutti. Sapevo, però, che “il conto” sarebbe arrivato. Dopo il passaggio dei 90 km, in 2 ore e 29 minuti, al 150esimo km, inizio a sentire le gambe dolenti. Sono combattuto tra rallentare leggermente o fregarmene e andare avanti … decido di andare, poi si vedrà. L’ ultimo strappo di un km lo sparo a tutta accompagnato dalla folla e dai deejay posizionati lungo il percorso e poi giù in picchiata verso Francoforte, ultimi 7 km di discesa pedalabile spinti al massimo, non scendo mai sotto i 50 all’ora!!. Quando metto i piedi a terra leggo il mio crono che riporta 5h10’ a quasi 35 kmh di media. Non so se esser contento o preoccupato per quello mi attende di lì in avanti.
Mi cambio al volo e inizio la maratona dopo che sono passati 6 ore e 23 minuti dal via. Mi dico: “dai Fabio se corri come a Zurigo si chiude in 10,15 … magari”. La soddisfazione, inoltre, di correre insieme a pochissimi sul percorso è grande, una cosa che difficilmente provo … ma “la coperta è corta”. Appena inizio a correre sento subito di aver speso troppo in bici. Cerco un passo meno dispendioso possibile e mi fermo ad ogni ristoro. Come sempre negli IRONMAN il dolore all’ interno cosce non mi molla un attimo, tanto da dover mettere dei cubetti di ghiaccio nei pantaloncini. Mentre corro cerco gli altri del gruppo dei livornesi nei tratti di andata e ritorno, ma non riesco a scorgere nessuno. Vedo solo le mogli di tutti e i bambini di Piero che mi urlano ad ogni passaggio. Il percorso di maratona è molto bello e filante con un paio di curve a “U” lungo il fiume Meno. Come al solito il pubblico tedesco è molto partecipe con incitamenti per tutti i corridori e i ristori ogni 2 km sono molti abbondanti. Mentre corro e aumenta la mia sofferenza ripenso all’inverno passato tra mtb, bici da strada, lunghi di corsa e freddo intenso. Penso a Gianni, con il quale abbiamo condiviso qualche lungo, che a Nizza ha fatto il “tempone”. Penso a Piero che, con le sue preghiere da prete mette sempre le mani avanti in caso le gambe non girino, , ma poi mi aspetto che da un momento all’ altro, mi batta la mano sulla spalla e se ne vada. Penso a Stefano con il quale più di tutti abbiamo condiviso ogni allenamento, lungo e corto (purtroppo sappiamo tutti come gli è andata). Ma soprattutto penso a questa benedetta finish line che non arriva più … e dopo 10h e 35’ sono ancora lì (sempre lì, come canta il Liga!!).
Mi ero ripromesso di godermi questo IRONMAN. Gli altri li avevo corsi troppo velocemente, oggi me la voglio proprio godere. Quando l’addetto corsa mi vede i 4 bracciali mi instrada verso l’arrivo, rallento e mi godo lo spettacolo della folla di persone sugli spalti che mi urlano, riesco a scorgere la voce di mia moglie, inizio a salutare tutti, manco fossi Pete Jacobs, e saltellando taglio la finish line soddisfatto – in 10 ore e 35′ – con un piccolo pensiero rivolto sempre a Massimo. Anche questa volta è andata bene, direi, con un pizzico di amaro in bocca per non aver corso la maratona come avrei voluto, ma comunque la voce del matto che per ore e ore urla YOU ARE AN IRONMAN l’ho sentita per la quarta volta!!!
Ciao a tutti! E al prossimo racconto!!”
Testo di Fabio Quaglierini.
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